La Sanità abruzzese, gli abruzzesi, il territorio e il covid-19
Nella sua drammaticità era già scritto: il numero dei contagiati sarebbe salito (anche in virtù del maggior numero di tamponi effettuabili) e le autorità regionali avrebbero dichiarato che così il sistema sanitario rischia di non tenere.
Già mercoledì con 229 positivi all’infezione di Covid-19, i commenti dei responsabili politici della Giunta Marsilio iniziavano ad avere toni dai contorni fatalisti che indicavano l’imminente, quanto inevitabile pericolo.
Ieri, con il numero di contagi riconosciuti arrivato in regione a 385 (47 in terapia intensiva e 181 ricoverati) , la situazione è diventata conclamatamente “grave”, tanto che se si continua così “non potremo garantire l’assistenza di tutti i pazienti”.
Il messaggio, che anche qui si ribadisce, ovviamente è quello di restare a casa per contenere il contagio.
Rigorosamente da casa però, non possiamo non ricordare cos’è la Sanità regionale abruzzese e quanto essa appartenga, e a pieno titolo, alla preoccupante categoria della “sanità del Sud” rispolverata in quest’ultimo periodo.
Mentre giaccio sul divano, la mente va a quello che è successo negli ultimi anni. A quella “sanitopoli” in cui un imprenditore di una clinica privata rivela di tangenti per 15milioni di euro portando all’arresto dell’allora Presidente Regionale Ottaviano Del Turco. Era il 2007.
Da lì il pensiero va al commissariamento e al modo di intendere il risanamento per il rientro dal deficit, prima della Giunta Chiodi e poi di quella D’Alfonso (dicono niente termini come: esternalizzazioni, privatizzazioni, cartolizzazione).
Barricato nel mio studio mentre fuori c’è aria di tempesta, penso allora anche ai 49milioni che l’Ospedale dell’Aquila ottenne dall’assicurazione sul terremoto, utilizzati per ripianare il debito della Asl regionale.
Seguendo quali principi e nell’interesse di chi esattamente è stato prima fatto e poi ripianato il debito? Nell’interesse della salute pubblica? Le attese fino a più di un anno per ottenere delle visite ce le ricordiamo anche in quarantena. Anche un mese fa infatti, senza epidemia, nella sanità pubblica non c’erano i medici sufficienti , le mura e i letti sufficienti (all’Aquila men che mai), le risorse sufficienti. Questo, purtroppo, ce le ritroviamo all’ennesima potenza ora e non possiamo troppo sorprenderci. Solo ricordare.
E chiederci: ma la classe politica che governa e ha governato in Abruzzo e che gli abruzzesi hanno eletto (ora Governa un romano), che classe politica è ed è stata? Adeguata a tutelare il nostro diritto alla cura? Ha messo i tanti lavoratori e lavoratrici della sanità nelle condizioni migliori per lavorare?
Ovviamente il livello regionale dipende da quello nazionale ed europeo, dove appunto fino a qualche giorno fa non si poteva sforare il 3% del deficit, mentre oggi in Italia facciamo un decreto tutto a debito da 25miliardi (circa 2,5 per la sanità) e gli altri Stati uguale e anche di più. Il deficit non conta più. E allora perché contava così tanto prima? Per farci arrivare alla situazione attuale e dire in ritardo che non serve più quel limite?
Ma tant’è …fino ad oggi.
Oggi serve collaborare il più possibile sui territori per mitigare più possibile il contagio e permettere di organizzare al meglio tutti gli operatori del servizio sanitario e chi lavora nei settori essenziali.
E’ necessario dare il meglio, non si può fare diversamente, che ci si trovi in casa o in “corsia”, siano queste degli ospedali, dei supermercati o altri posti di lavori dove si producono beni essenziali. Adattandoci il più possibile a questa situazione, nella consapevolezza dei doverla gestire nel medio termine.
Per chi sta a casa, io sto a casa, meglio non perdersi, cadere nella solitudine del proprio isolamento fino alla depressione. Dobbiamo inventarci metodi per restare lucidi e svegli per quanto possibile, facendo la nostra parte, se non altro mantenendo la calma.
Ma soprattutto è necessario creare e partecipare ad una rete di solidarietà che aiuti chi sta nelle situazioni più difficili, cioè i più anziani e chi ha condizioni materiali o psichiche più fragili, e chi lavora che non può assumersi il peso di tutto e tutte e tutti noi. Deve poter riposare senza rinunciare a tutti i suoi diritti. Non può per esempio ammalarsi e trasmettere l’infezione per mancanza di mascherine o perché non si fanno i tamponi nemmeno al personale sanitario. La sensazione è che proprio gli ospedali, proprio per queste ragioni, possano diventare dei focolai e questo non è accettabile.
Vista la situazione nazionale drammatica sotto questo punto di vista è necessario che il territorio faccia il possibile e si coordini a tutti i livelli (presidi ospedalieri, protezione civile, sindaci, forze di polizia, popolazione, mondo associativo) nel migliore dei modi con quello che ha ed ottiene man mano, dando vita ad alleanze anche inedite, utilizzando intelligenza e ed ingegno.
Sta per arrivare la bufera e dobbiamo nuovamente resistere.
Dopo però ci ricorderemo di tutto quanto è successo negli ultimi vent’anni e faremo in modo che mai più la sanità e la salute pubblica possano essere messe così in pericolo.
Alessandro Tettamanti